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2016 - Sasha Grishin
I quadri metafisici di Giuseppe Modica
In un famoso saggio intitolato Meditazioni di un pittore (1912) Giorgio De Chirico
parlò del senso di rivelazione come di un percorso verso la creazione dei suoi
quadri metafisici. Scrive: “In un limpido pomeriggio autunnale ero seduto su
una panca al centro di piazza Santa Croce a Firenze. Naturalmente non era la
prima volta che vedevo quella piazza: ero uscito da una lunga e dolorosa
malattia intestinale ed ero quasi in uno stato di morbida sensibilità. Tutto il
mondo che mi circondava, finanche il marmo degli edifici e delle fontane, mi
sembrava convalescente. Al centro della piazza si erge una statua di Dante,
vestita di una lunga tunica, il quale tiene le sue opere strette al proprio corpo
ed il capo coronato dall’alloro pensosamente reclinato... Il sole autunnale,
caldo e forte, rischiarava la statua e la facciata della chiesa. Allora ebbi la
strana impressione di guardare quelle cose per la prima volta, e la
composizione del dipinto si rivelò all’occhio della mia mente. Ora, ogni volta
che guardo questo quadro, rivedo ancora quel momento. Nondimeno il
momento è un enigma per me, in quanto esso è inesplicabile. Mi piace anche
chiamare enigma l’opera da esso derivata”.
I quadri di Giuseppe Modica appartengono a questa tradizione metafisica dell’arte
italiana, nei quali si respira un’atmosfera di ansietà e malinconia mentre l’artista cerca
di suggerire che esiste un mondo al di là delle leggi della comune percezione umana.
Guillaume Apollinaire, André Breton e Sigmund Freud riconobbero a De Chirico il
merito di aver creato una nuova arte del subconscio ed è proprio tale qualità di
enigmatica alterità metafisica, l’arte del subconscio e l’arte dello sconcertante che
possono essere considerate elementi caratteristici dell’arte di Modica. La traiettoria
dell’arte di Modica si discosta da un approccio più totale e olistico evidente nei suoi
quadri degli anni ’80 per diventare progressivamente sempre più frammentato nei suoi
dipinti più recenti, con punti di osservazione che passano attraverso finestre, porte,
specchi e provvisti di strane angolazioni. L’artista si concentra particolarmente sul
fenomeno della visione e degli strumenti che la facilitano, naturali e artificiali – la
camera oscura, la finestra, lo specchio, la moderna macchina fotografica, riflessione e
rifrazione.
Sin da giovane Modica ha perfezionato molti dei suoi strumenti e stratagemmi
pittorici: artifici trompe l’oeil per rappresentare perfettamente la trama delle superfici
per ingannare l’occhio e intrigare la mente; prospettive a punto unico di fuga e
prospettive inverse per attrarre l’osservatore all’interno della composizione e
immergerlo quindi nello spazio e l’uso di ombre per accentuare il senso di mistero.
Com’è noto De Chirico osservò una volta: “Ci sono molti più enigmi nell'ombra di un
uomo che cammina al sole che in tutte le religioni passate, presenti e future". I quadri
di Modica contengono deliberatamente un puzzle visivo ed intellettuale, un puzzle
privo tuttavia di una soluzione apparente e che presenta soltanto un’infinita gamma di
incertezze.
La sua grande tela Studium (2016) ci fa entrare nello spazio di un’artista con una tela
dipinta appoggiata su di un cavalletto al centro della stanza mentre una macchina
fotografica posta su un treppiede occupa un angolo della stella stanza. Le porte e le
finestre che perforano lo spazio interno ci consentono l’accesso ad un balcone esterno
e ad una vasta distesa di mare e cielo, ma un grande specchio eretto sul pavimento
sovverte una lettura così razionale dello spazio, mentre la tappezzeria ornamentale di
un delicato color blu pastello, con uno strano motivo a griglia, sembra imporre una
piatta lettura bidimensionale alla superficie della tela. Lo stato d’animo è sommesso,
nostalgico e velato di malinconia. A ben rifletterci, notiamo nello spazio interno anche
oggetti strani, come pietre, che potrebbero suggerire qualsiasi cosa, dall’alchimia alla
pietra filosofale. L’artista crea uno spazio ambiguo nel quale ci invita ad addentrarci
con la nostra immaginazione.
I contorni di luce sopra le superfici rivelano pareti e oggetti con a volte nuvole
fluttuanti che sembrano possedere la stessa solidità di mattoni e rocce. Si può inferire
che molti dei quadri di Modica evocano ciò che potrebbe essere definito uno stato di
sogno ad occhi aperti, nel quale rammentiamo a malapena qualcosa che potrebbe
come potrebbe non essere avvenuto. I suoi quadri, compreso l’Omaggio ad Antonello
(L’Annunciazione) (2016) e Roma – malinconia (2010-2014) toccano le corde della
memoria – da un lato la classicità senza tempo della Vergina Annunciata di Antonello
a Palermo, dall’altra i familiari contorni della città eterna. Le citazioni non sono
comunque letterali e sebbene i titoli delle opere alludano a qualcosa di specifico,
come pietre di paragone sulla realtà, l’artista le ha trasformate per perseguire un
proprio scopo. Si tratta di una qualità del familiare magicamente trasformata in
qualcosa che ora appare stranamente insolito, una condizione che Freud ha definito
‘perturbante’ nel suo autorevole saggio Das Unheimliche (1919).
La forza dei dipinti di Giuseppe Modica risiede nel fatto che essi ci invitano ad
entrare nel mondo del ‘perturbante’, un mondo sfiorato da malinconia, nostalgia e
ansietà. Il significato è raramente univoco, e ogni osservatore attribuisce all’immagine
il proprio contenuto emotivo e spirituale. I quadri di Modica posseggono un grande
lirismo e sofisticazione tecnica e tracciano un percorso in una dimensione diversa
dell’esistenza nella quale la forma del tempo è fluida e lo spazio è ambiguo e
provvisto di numerosi strati. Nelle sue opere Modica crea degli spazi metafisici
speciali nei quali lo spirito può cercare rifugio.