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1991 - Maurizio Fagiolo dell' Arco

Geometria
Ha avuto un periodo iper-realista, Modica; e ne ha avuto un altro astratto-geometrico. Anche a non saperlo, risulterebbe chiaro davanti a un gruppo di quadri 1991. Chiaro e distinto, scompartito e ripartito. Il cielo e il mare e la terra; ma anche le quinte e gli spaccati e il fondale. Precisione e geometria (araba, forse). L'edificio, che più volte appare nei quadri recenti, somiglia a quell'antico tempio palermitano in cui arrivano a coniugarsi il cubo con la sfera. Anche la geometria viene ritrovata nel tempo della memoria.
LUCE Luce diffusa, luce proiettata, luce fredda e calda, luce-colore e colore-luce. La luce affocata del deserto, e quella opaca della tempesta. Tramonto e alba, crepuscolo e mezza luce. Proiezione e luce allo specchio... Tutte le possibilità della sorgente luminosa, troviamo esplorate in un quadro di Modica. Luce fiamminga e luce olandese, luce di Antonello e luminosità di Piero della Francesca; luce tendente allo scuro di Stomer e luce tendente al chiaro di Vermeer. La luce della luce della luce.

Memoria
Avere una terra per memoria: idea lontana di Mazara del Vallo. Il frutto e il fiore: zagare e lumie, fichi d’india. Tornare a un luogo dove ritrovano un nome e cognome la dialettica eterna della vita (Luigi Pirandello) e la pittura plastica e chiaroscurata (Antonello da Messina, Caravaggio) la scultura virtuosistica (Serpotta)... Lo spirito arabo si accavalla a quello romano-imperiale. 1 dolci sono troppo dolci, i profumi troppo profumati, le passioni troppo appassionate, la pittura esageratamente pittorica. In quell’idea affocata (di Africa desiderata) perfino il Colosseo che è a tre passi dallo studio di Modica perde il connotato di romanità per diventare una ossessione mediterranea...

Sicilitudine
Il bello di avere un paese è che, almeno, puoi fuggirne via, aveva più o meno scritto Cesare Pavese. Dopo le orge di internazionalismi, si è capito che le radici sono un fattore positivo nella vita di un artista. Un paese è la scena dei primi ricordi, è il palcoscenico del Rimosso; quasi il telone bianco sul quale si proietta la tragedia dell’infanzia. Un paese come la Sicilia è doppiamente importante. Isola significa 'isolarsi', e allora, 'Sicilia',può anche diventare il doppio della ricerca, la metafora della riflessione e del pensiero. È stato Leonardo Sciascia a parlare di 'sicilitudine' nel bel libro dedicato agli scrittori e cose della Sicilia intitolato La corda pazza. E anche un pittore attivo nel 1991, può rifarsi a quel vero continente percorso da tutti i popoli della terra, 'sequestrato' per alcuni, europeo per altri. Emergono nei quadri di questa mostra l’orizzonte incerto di cielo e mare, l’azzurro e il sabbioso, la spartizione della salina e il vaso di coccio di Caltagirone, il blocco terreo della cava di tufo. ('Vuote le mani, ma pieni gli occhi del ricordo di lei', scrisse l’esule Ibn Hamdis, citato da Sciascia). Ma attenzione, non sono soltanto frammenti d’una propria vita vissuta, sono la parafrasi di quello che sempre è stata la pittura. Una volta hanno chiesto a Giorgio de Chirico se i suoi cavalli o i suoi archeologi fossero un discorso classico, e de Chirico rispose che no, che erano frammenti della sua Grecia e quindi semplicemente della sua vita. Tutta qui la 'sicilitudine' di Modica: quei luoghi e quegli oggetti accuratamente esibiti sulla tela sono nient’altro che l’esca della sua memoria, le spie del piccolo mondo conosciuto al quale si aggrappa, sono il passato del suo presente.

Specchio
Guardo La stanza dell’inquietudine dipinto nel 1989. Su una parete, che è un mezzo fondale, è poggiato un tavolo con uno specchio. In quello specchio si raddoppia il nostro spazio: rispecchia un altro pavimento, uno stipite e il mare all’orizzonte. Sulla destra, si prolunga la veranda verso un mare: che è uno specchio. L’azzurro diffuso si placa come in uno specchio, oscuramente. Il pittore ricava abilmente un quadro nel quadro: un’altra rappresentazione che raddoppia il doppio. E il quadro è tutto lì. In quella slittante presenza di una assenza. Nell’enigma del non detto (ma rappresentato due volte). In quei frammenti di mondo che, ritrovandosi, si perdono per sempre.